Articolo Famiglia Famiglia
Separazione e divorzio: la chiusura di un cerchio freccesabato 14 settembre 2013      


Vivere una separazione può portare le persone a confrontarsi con loro stesse, a esplorare i meandri del proprio interiore da un nuovo punto di vista estremamente personale, slegato dall’altro e per certi aspetti dal resto del mondo. Il senso di “solitudine” e abbandono è una risposta immediata quando ci si trova a vivere la fine di un rapporto. Lo smarrimento nel non avere più un punto di riferimento, per quanto potesse essere considerato negativo o lontano è inevitabile e ci si ritrova soli e confusi, anche quando la fine del rapporto è stata determinata da noi.

Le emozioni che si vivono possono prendere il sopravvento, e non è difficile lasciarsi trascinare in un turbine a volte un buco nero apparentemente senza ritorno: rabbia, tristezza, paura, ansia, angoscia, sconforto, un ampio corollario di emozioni negative che possono essere accolte/accettate da chi le vive, ma che più o meno lentamente entrano nella nostra sfera emotiva e nel nostro modo di affrontare il mondo. Emozioni che inevitabilmente influiscono sul nostro modo di porci, di comunicare di approcciarci all’altro e spesso sono proprio l’origine di una non risoluzione del conflitto interiore e con l’altra parte.

Dar voce a queste emozioni, esprimerle ed esternarle è inevitabile, diventa un’esigenza da affrontare por poter chiudere un cerchio di sofferenza e relegarlo a un momento della nostra vita e non a un assoluto che farà parte di noi per sempre. Il senso di fallimento, comune alla maggior parte dei progetti che non sono andati a buon fine, lascia qualcosa di non definito che viene percepito come una mancanza da parte nostra, e spesso la sensazione d’inadeguatezza si insinua nella mente, come se non avessimo fatto abbastanza e come se la risoluzione positiva del progetto dipendesse completamente dalle nostre capacità e dal nostro impegno. Il pensiero si concentra sulle nostre mancanze o nella ricerca di ciò che avremmo potuto fare.

Una dispersione di energie che ci allontana dall’accettazione delle cose fuori da noi. Il tempo, ma anche il sostegno, di amici, parenti o professionisti del conflitto aiutano a ritrovare il proprio centro come individui, per ricominciare a vivere la vita a pieno. Quando ci sono dei figli, è indispensabile risollevarsi e attivare le proprie risorse per cambiare il rapporto con l’ex partner . Non sarà più il compagno di viaggio della vita insieme, ma resterà per sempre un legame indissolubile, una responsabilità condivisa nei confronti dei figli, necessaria per il loro bene. Se questa è una descrizione della separazione su un piano emotivo di chi la vive, di altro genere sono le difficoltà sul piano pratico.

Nel 2011 le separazioni sono state 88.797 e i divorzi 53.806 nello stesso anno sono stati celebrati 204.830 matrimoni (Dati Istat: maggio 2013). I numeri fanno riflettere, e si potrebbe aprire una discussione ampia sui cambiamenti sociali del nostro paese, ma nella sfera personale rimane un evento critico non solo a livello psicologico, ma anche economico. Giudici, avvocati, terapisti, psicologi, mediatori, professionisti che lavorano a tempo pieno per portare risoluzioni all’interno delle famiglie. La ricerca dell’avvocato diventa spasmodica e se il conflitto tra gli ex coniugi è molto alto, si innesca una battaglia legale di anni, con ingenti perdite economiche. La separazione consensuale permette anche di avvalersi dello stesso avvocato, trovando insieme i giusti compromessi per arrivare ad un accordo in brevi tempi.

Cosa che non accade quando la separazione è di tipo giudiziale, in cui l’intervento del tribunale, quindi di un’autorità esterna alla coppia, decide per loro. Nei tre anni di separazione, per legge rimangono obbligo di rispetto reciproco e di assistenza, anche se i doveri coniugali sono sospesi (l’obbligo di fedeltà, coabitazione e collaborazione…). Si scioglie la comunione dei beni ove necessario e viene stabilito eventuale assegno alimentare a una delle parti. Dopo la sentenza di divorzio i coniugi riacquistano lo stato libero potendo contrarre nuove nozze.

Si scioglie la comunione legale e anche il fondo patrimoniale se non vi sono figli minori (Art.143 c.c.) Ora non tratterò in questo articolo l’ampio capitolo dedicato ai figli, nei casi di separazione, divorzio o fine di una convivenza. Quante volte avrete sentito la frase “lo fanno per il bene dei bambini” solitamente legata allo stare insieme, anche quando il desiderio viscerale è quello di scappare. Il cambiamento è parte dell’evoluzione, accettarlo credo sia la cosa più saggia e naturale. Concludo, lasciando aperto un dubbio… qual’è il vero bene dei bambini? ©  RIPRODUZIONE RISERVATA

Elena  Poltronieri - vedi tutti gli articoli di Elena  Poltronieri



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Vivere una separazione può portare le persone a confrontarsi con loro stesse, a esplorare i meandri del proprio interiore da un nuovo punto di vista estremamente personale, slegato dall’altro e per certi aspetti dal resto del mondo. Il senso di “solitudine” e abbandono è una risposta immediata quando ci si trova a vivere la fine di un rapporto. Lo smarrimento nel non avere più un punto di riferimento, per quanto potesse essere considerato negativo o lontano è inevitabile e ci si ritrova soli e confusi, anche quando la fine del rapporto è stata determinata da noi.

Le emozioni che si vivono possono prendere il sopravvento, e non è difficile lasciarsi trascinare in un turbine a volte un buco nero apparentemente senza ritorno: rabbia, tristezza, paura, ansia, angoscia, sconforto, un ampio corollario di emozioni negative che possono essere accolte/accettate da chi le vive, ma che più o meno lentamente entrano nella nostra sfera emotiva e nel nostro modo di affrontare il mondo. Emozioni che inevitabilmente influiscono sul nostro modo di porci, di comunicare di approcciarci all’altro e spesso sono proprio l’origine di una non risoluzione del conflitto interiore e con l’altra parte.

Dar voce a queste emozioni, esprimerle ed esternarle è inevitabile, diventa un’esigenza da affrontare por poter chiudere un cerchio di sofferenza e relegarlo a un momento della nostra vita e non a un assoluto che farà parte di noi per sempre. Il senso di fallimento, comune alla maggior parte dei progetti che non sono andati a buon fine, lascia qualcosa di non definito che viene percepito come una mancanza da parte nostra, e spesso la sensazione d’inadeguatezza si insinua nella mente, come se non avessimo fatto abbastanza e come se la risoluzione positiva del progetto dipendesse completamente dalle nostre capacità e dal nostro impegno. Il pensiero si concentra sulle nostre mancanze o nella ricerca di ciò che avremmo potuto fare.

Una dispersione di energie che ci allontana dall’accettazione delle cose fuori da noi. Il tempo, ma anche il sostegno, di amici, parenti o professionisti del conflitto aiutano a ritrovare il proprio centro come individui, per ricominciare a vivere la vita a pieno. Quando ci sono dei figli, è indispensabile risollevarsi e attivare le proprie risorse per cambiare il rapporto con l’ex partner . Non sarà più il compagno di viaggio della vita insieme, ma resterà per sempre un legame indissolubile, una responsabilità condivisa nei confronti dei figli, necessaria per il loro bene. Se questa è una descrizione della separazione su un piano emotivo di chi la vive, di altro genere sono le difficoltà sul piano pratico.

Nel 2011 le separazioni sono state 88.797 e i divorzi 53.806 nello stesso anno sono stati celebrati 204.830 matrimoni (Dati Istat: maggio 2013). I numeri fanno riflettere, e si potrebbe aprire una discussione ampia sui cambiamenti sociali del nostro paese, ma nella sfera personale rimane un evento critico non solo a livello psicologico, ma anche economico. Giudici, avvocati, terapisti, psicologi, mediatori, professionisti che lavorano a tempo pieno per portare risoluzioni all’interno delle famiglie. La ricerca dell’avvocato diventa spasmodica e se il conflitto tra gli ex coniugi è molto alto, si innesca una battaglia legale di anni, con ingenti perdite economiche. La separazione consensuale permette anche di avvalersi dello stesso avvocato, trovando insieme i giusti compromessi per arrivare ad un accordo in brevi tempi.

Cosa che non accade quando la separazione è di tipo giudiziale, in cui l’intervento del tribunale, quindi di un’autorità esterna alla coppia, decide per loro. Nei tre anni di separazione, per legge rimangono obbligo di rispetto reciproco e di assistenza, anche se i doveri coniugali sono sospesi (l’obbligo di fedeltà, coabitazione e collaborazione…). Si scioglie la comunione dei beni ove necessario e viene stabilito eventuale assegno alimentare a una delle parti. Dopo la sentenza di divorzio i coniugi riacquistano lo stato libero potendo contrarre nuove nozze.

Si scioglie la comunione legale e anche il fondo patrimoniale se non vi sono figli minori (Art.143 c.c.) Ora non tratterò in questo articolo l’ampio capitolo dedicato ai figli, nei casi di separazione, divorzio o fine di una convivenza. Quante volte avrete sentito la frase “lo fanno per il bene dei bambini” solitamente legata allo stare insieme, anche quando il desiderio viscerale è quello di scappare. Il cambiamento è parte dell’evoluzione, accettarlo credo sia la cosa più saggia e naturale. Concludo, lasciando aperto un dubbio… qual’è il vero bene dei bambini? ©  RIPRODUZIONE RISERVATA

Elena  Poltronieri - vedi tutti gli articoli di Elena  Poltronieri





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